venerdì 7 agosto 2009

Carissimi, se con questo caldo siete qui a leggerci, meritate questo regalino estivo.
E' una lettera uscita ieri sul Corriere, fateci sapere cosa ne pensate....
Dante e Verga? Basta. Mi son de Trieste

Ministro, cambiamo i programmi: «El moroso
de la Nona» al posto della Divina Commedia

Signor ministro, mi permetto di scriverLe per suggerirLe l'opportunità di ispirare pure la politica del Ministero da Lei diretto, ovvero l'Istruzione — a ogni livello, dalla scuola elementare all'università — e la cultura del nostro Paese, ai criteri che ispirano la proposta della Lega di rivedere l'art. 12 della Costituzione, ridimensionando il Tricolore quale simbolo dell'unità del Paese, affiancandogli bandiere e inni regionali. Programma peraltro moderato, visto che già l'unità regionale assomiglia troppo a quella dell'Italia che si vuole disgregare.

Ci sono le province, i comuni, le città, con i loro gonfaloni e le loro incontaminate identità; ci sono anche i rioni, con le loro osterie e le loro canzonacce, scurrili ma espressione di un’identità ancor Penso ad esempio più compatta e pura. che a Trieste l'Inno di Mameli dovrebbe venir sostituito, anche e soprattutto in occasione di visite ufficiali (ad esempio del presidente del Consiglio o del ministro per la Semplificazione) dall’Inno «No go le ciave del portòn», triestino doc.

Ma bandiere e inni sono soltanto simbo­li, sia pur importanti, validi solo se esprimo­no un'autentica realtà culturale del Paese. È dunque opportuno che il Ministero da Lei diretto si adoperi per promuovere un'istru­zione e una cultura capaci di creare una ve­ra, compatta, pura, identità locale.

La letteratura dovrebbe ad esempio esse­re insegnata soltanto su base regionale: nel Veneto, Dante, Leopardi, Manzoni, Svevo, Verga devono essere assolutamente sostitui­ti dalla conoscenza approfondita del Moro­so de la nona di Giacinto Gallina e questo vale per ogni regione, provincia, comune, frazione e rione. Anche la scienza deve esse­re insegnata secondo questo criterio; l'ope­ra di Galileo, doverosamente obbligatoria nei programmi in vigore in Toscana, deve essere esclusa da quelli vigenti in Lombar­dia e in Sicilia. Tutt'al più la sua fisica po­trebbe costituire materia di studio anche in altre regioni, ma debitamente tradotta; ad esempio, a Udine, nel friulano dei miei avi. Le ronde, costituite notoriamente da pro­fondi studiosi di storia locale, potrebbero essere adibite al controllo e alla requisizio­ne dei libri indebitamente presenti in una provincia, ad esempio eventuali esemplari del Cantico delle creature di San Francesco illecitamente infiltrati in una biblioteca sco­lastica di Alessandria o di Caserta.

Per quel che riguarda la Storia dell’Arte, che Michelangelo e Leonardo se lo tengano i maledetti toscani, noi di Trieste cosa c’en­triamo con il Giudizio Universale? E per la musica, massimo rispetto per Verdi, Mozart o Wagner, che come gli immigrati vanno be­ne a casa loro, ma noi ci riconosciamo di più nella Mula de Parenzo, che «ga messo su botega / de tuto la vendeva / fora che bacalà».

Come ho già detto, non solo l’Italia, ma già la regione, la provincia e il comune rap­presentano una unità coatta e prevaricatri­ce, un brutto retaggio dei giacobini e di quei mazziniani, garibaldini e liberali che hanno fatto l'Italia. Bisogna rivalutare il rio­ne, cellula dell'identità. Io, per esempio, so­no cresciuto nel rione triestino di Via del Ronco e nel quartiere che lo comprende; perché dovrei leggere Saba, che andava inve­ce sempre in Viale XX Settembre o in Via San Nicolò e oltretutto scriveva in italiano? Neanche Giotti e Marin vanno bene, perché è vero che scrivono in dialetto, ma pretendo­no di parlare a tutti; cantano l’amore, la fra­ternità, la luce della sera, l’ombra della mor­te e non «quel buso in mia contrada»; si ri­volgono a tutti — non solo agli italiani, che sarebbe già troppo, ma a tutti. Insomma, so­no rinnegati.

Ma non occorre che indichi a Lei, Signor Ministro, esempi concreti di come meglio distruggere quello che resta dell’unità d’Ita­lia. Finora abbiamo creduto che il senso pro­fondo di quell’unità non fosse in alcuna con­traddizione con l'amore altrettanto profon­do che ognuno di noi porta alla propria cit­tà, al proprio dialetto, parlato ogni giorno ma spontaneamente e senza alcuna posa ideologica che lo falsifica. Proprio chi è pro­fondamente legato alla propria terra natale, alla propria casa, a quel paesaggio in cui da bambino ha scoperto il mondo, si sente pro­fondamente offeso da queste falsificazioni ideologiche che mutilano non solo e non tanto l’Italia, quanto soprattutto i suoi innu­merevoli, diversi e incantevoli volti che con­corrono a formare la sua realtà. Ci riconosce­vamo in quella frase di Dante in cui egli dice che, a furia di bere l'acqua dell’Arno, aveva imparato ad amare fortemente Firenze, ag­giungendo però che la nostra patria è il mondo come per i pesci il mare. Sbagliava? Oggi certo sembrano più attuali altri suoi versi: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!».

Con osservanza

Claudio Magris
07 agosto 2009



martedì 4 agosto 2009

In questi mesi l'abbiamo detto molte volte: ognuno di noi si è battuto (termine guerresco, ma di una guerra si tratta, con saccheggi e ridistribuzione del bottino) a livello locale, ma tentando di condividere una strategia a livello globale. In questo senso, la possibilità di accedere a informazioni, di scambiarsi idee, di pensare ad azioni comuni anche se si era in territori diversi è stata vitale. E non sono casuali i tentativi istituzionali di imbavagliare la rete perché essa davvero contiene un potenziale di democraticità e di mobilitazione alla portata di tutti impensabile in tempi passati e sicuramente fastidioso per chi, oltre al maestro unico, vorrebbe il Pensiero Unico e l'Informazione Unica.
Siamo stati più volte grati, tra gli altri, al Tavolo regionale per la difesa della scuola statale di Firenze: in questi mesi, esso è stato in prima linea nell'inviare documenti, nel mettere a disposizione analisi, nel proporre azioni di resistenza. Ed è stato parte attiva nei ricorsi fin qui presentati contro i provvedimenti della Gelmini. Ben sappiamo che, nonostante le gravi illegittimità dell'iter legislativo (mancanza di piano programmatico, non rispetto dei tempi per l'adozione dei regolamenti, inefficacia giuridica del D.I. sulla determinazione degli organici) il Governo prima e la Corte Costituzionale poi hanno sanato a posteriori le cose, dando copertura alla Ministra, ma comunque è stato ed è giusto opporsi a ciò che, oltre ad essere distruttivo per la scuola pubblica nel merito, è anche illegittimo e scorretto nel metodo.
E' questo il motivo per cui abbiamo inviato al Tavolo un contributo di 500 euro perché possano far fronte alle spese che hanno sostenuto. Non è solo un aiuto economico, è anche un modo per dire che il loro lavoro è importante per tutti noi.
Ci siamo indirizzati al Tavolo per il ruolo che hanno avuto a livello nazionale, ma molte sono le realtà, vivaci e resistenti, a cui siamo grati.
Proprio perché fare rete è essenziale, è arrivata la proposta di istituire tavoli regionale per formare un coordinamento nazionale a rete. In Veneto già avevamo lavorato in questo senso con i Comitati Buona Scuola, e pensiamo di andare avanti su questa strada.
E' una battaglia di resistenza democratica e noi siamo costretti a combattere ad armi impari. Però impariamo dalle formiche a unire le forze, e siamo formiche piuttosto tenaci.