martedì 9 febbraio 2010

Pubblichiamo lo stralcio di un articolo de L'Unità di ieri. Di fronte ad esso siamo increduli perché conosciamo bene come si sono finora comportati gli artefici di questa riforma: umiltà nel trattare un tema così importante e su cui erano poco informati, disponibilità al dialogo, coraggio di accettare il dissenso. Davvero non ci possiamo credere che una cosa del genere sia accaduta e riportiamo il pezzo solo per dovere di cronaca. Se però fosse proprio tutto vero saremmo ancora più preoccupati, perché significherebbe che anche i forum dell'Indire sono diventati un pericoloso covo di comunisti.

Scuola, riforma superiore. La Gelmini oscura i forum.
L'ha definita una "riforma epocale", frutto di "un ampio confronto" con il mondo della scuola. Ma subito dopo lo show a Palazzo Chigi spalleggiata da Silvio Berlusconi, la maestra "unica" dell'istruzione ha oscurato tutti i forum sul riordino della scuola superiore dal sito istituzionale Indire, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica.

Una vera e propria censura per docenti, studenti e genitori. Sul web sono stati oscurati tutti i i thread intitolati "Conosci e commenta la riforma". Un atto che la Gelmini ha compiuto senza alcun preavviso e senza alcuna motivazione.

Lo denuncia con rabbia il Coordinamento nazionale dei docenti di Diritto e Economia, materia scolastica che per altro la Gelmini ha pressochè "bandito" dalla sua scuola.

domenica 7 febbraio 2010

Pubblichiamo un interessante contributo di Pierre Carniti che prende spunto dall'abbassamento dell'obbligo scolastico dai 16 ai 15 anni. Se qualcuno ha presente il quinto Canto dell'Inferno commentato da Benigni, nella parte finale del testo di Carniti non potrà non ripensare alla strategica condotta della regina Semiramide e al parallelo con un personaggio attuale che ne fa Benigni.
La leggendaria sovrana degli Assiri nel Medioevo fu sempre considerata un esempio di corruzione e di lussuria e Paolo Orosio, storico del V sec. d.C., racconta come la regina legittimasse la sua condotta disonesta, rendendola legale.


A vizio di lussuria fu sì rotta
che libito fè licito in sua legge,
per torre il biasmo in che era condotta.

Ricordiamo poi che giovedì 11 febbraio alle 20,45 presso la sala del Teatro S. Antonio ai Ferrovieri, Via Prandina, 8 a Vicenza ci sarà la riunione dei Comitati Buona Scuola del Veneto (molti argomenti, e interessanti!)


La ‘Santa Causa’ della ministra Gelmini

I quindicenni che abbandonano la scuola sono il doppio o il triplo che nel resto d’Europa. Come si contrasta il fenomeno? Abbassando l’età dell’obbligo scolastico. La titolare del ministero ricorda “Il cavaliere inesistente” di Calvino: al suo handicap suppliva con la fede

Mai nessuno sforzo amministrativo o scolastico sostituirà i miracoli del caso cui si debbono i grandi uomini”. Così scriveva Balzac nella prima metà dell’ottocento. Cioè negli anni della restaurazione. Da allora sono passati oltre 150 anni. Il mondo nel frattempo è completamente cambiato. Nel campo produttivo il mutamento è stato impressionante. Dalla macchina a vapore si è passati all’elettricità. Da qualche decennio siamo arrivati ai chip che hanno aperto la strada a quella che è stata definita “l’economia della conoscenza”. Indifferente al cambiamento, la politica scolastica della destra italiana continua ad ispirarsi alla stessa filosofia balzacchiana. Ed anche quando, come nel caso della ministra Letizia Moratti, ha cercato di darsi una patina modernizzante è stato fatto prescindendo totalmente dalla funzione irrinunciabile della scuola. Non a caso, le tre “I” (Informatica, Inglese, Impresa) della Moratti omettevano l’unica “I” che dovrebbe davvero contare nell’attività scolastica: l’Istruzione. I risultati si sono poi visti. Pochi mesi fa, tutti gli iscritti al concorso per funzionario dell’Ufficio Appalti di Orbetello, aperto ai soli laureati, sono stati respinti dopo la prova scritta a causa di sfondoni grammaticali. L’episodio conferma che l’università italiana laurea dei somari che scrivono “ha” senza la acca, “legittimo” con due g e “anomala” staccando la a e facendola diventare “a nomala”. Come: “a zia” e “a nonna” in romanesco.

Qualcuno potrebbe osservare che trattandosi di laureati erano già ignoranti (altra “I” che la scuola dovrebbe tenere d’occhio), anche a prescindere dalle “cure” della Moratti. Sì e no. Perché la situazione non migliora affatto se si prende in considerazione la leva dei diciottenni. Alla fine del percorso scolastico, dopo 13 anni di lezioni ed esercitazioni, la prova scritta di italiano continua a rappresentare un problema per oltre la metà degli studenti. Errori di ortografia e di sintassi, uso inappropriato della punteggiatura, periodi senza senso, sono strafalcioni che ricorrono con preoccupante frequenza negli elaborati della maturità del 2007. Infatti, in una indagine condotta dall’Accademia della Crusca e dall’Invalsi (l’Istituto per la valutazione del sistema di istruzione) su 6.000 prove scritte di italiano è venuto fuori che i temi che non meritavano la sufficienza erano il 52 per cento per l’Invalsi ed il 58 per cento per la Crusca. Commentando uno di questi temi, la professoressa Elena Ugolini, dell’Invalsi, ha osservato sconsolata che l’organizzazione logica delle frasi evidenziava un livello linguistico di terza elementare. Ed amaramente ha aggiunto: “Mi domando cosa è stato insegnato a questo ragazzo in 13 anni di scuola. Un ragazzo così che futuro può avere?” Per concludere: “La scuola si dovrebbe interrogare”.

Può darsi che “nella scuola” qualcuno si interroghi. Del tutto indifferente appare invece la condotta del nuovo ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. Che sembra la replica, in versione femminile, di Agilulfo (“Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino). “ Agilulfo – scrive infatti Calvino – parve ancora esitare un momento, poi con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L’elmo era vuoto. Nell’armatura bianca dell’iridescente cimiero non c’era dentro nessuno. Mah, Mah! Quante se ne vedono! – fece Carlomagno. E com’è che fate a prestar servizio, se non ci siete? Con la forza di volontà, - disse Agilulfo – e la fede nella nostra santa causa”. E’ appunto per la fede nella santa causa del “cavaliere di Arcore” che la Gelmini, prima ha accettato di “migliorare” la scuola tagliando le risorse ad essa destinate. Poi, sorridendo, ha entusiasticamente condiviso che d’ora in avanti l’apprendistato possa sostituire 12 mesi di lezioni. Di conseguenza che l’obbligo scolastico scenda da 16 a 15 anni. Forse non è il caso di infierire. Perché è del tutto evidente che se non avesse nemmeno dimostrato fede nella “santa causa” a chi mai avrebbe potuto venire in mente di nominarla ministro dell’istruzione?

Comunque, sia come sia, la norma che consentirà di accedere all’apprendistato già a 15 anni sta suscitando perplessità e qualche polemica. In ogni caso, al di là delle considerazioni di principio che si potrebbero e dovrebbero fare, non si può non restare colpiti dalle motivazioni invocate dal governo per l’adozione il provvedimento. In effetti la ragione chiamata a sostegno della misura fa riferimento al numero altissimo di quindicenni e sedicenni che non studia più e non lavora ancora. Si tratta sicuramente di un esercito di adolescenti che crescono senza istruzione, senza bussola, e sprecano anni preziosissimi per acquisire capacità e competenze. In Europa solo Romania e Bulgaria sono messe peggio dell’Italia. Negli altri paesi la dispersione normativa non solo è assai più contenuta, ma in genere riguarda soprattutto i figli di immigrati. Da noi si “disperdono” invece anche moltissimi giovani italiani. Nati e vissuti in un contesto culturale ed istituzionale nel quale andare a scuola fino a sedici anni (come prevede la legge) dovrebbe essere un fatto normale. Senza possibili alternative. E, come per tanti altri indicatori sociali, la dispersione è più alta al Sud, ma anche nel ricco Nord un buon numero di giovani tra i quattordici ed i diciassette anni è già fuori dal sistema formativo.

Da qui la domanda: l’apprendistato per i quindicenni può costituire la soluzione del problema? Tutto induce a ritenere che solo la ministra Gelmini può crederlo. Perché, come dovrebbe insegnare l’esperienza internazionale, per conseguire successo contro la dispersione occorre (al contrario) intervenire con incentivi per giovani e loro famiglie. Negli Stati Uniti, ad esempio, molte amministrazioni statali subordinano l’accesso alle prestazioni assistenziali per le famiglie all’assolvimento dell’obbligo scolastico da parte dei minori. L’Inghilterra, per fare un altro esempio, ha realizzato un secondo tipo di intervento. I giovani tra i sedici ed i diciotto anni, che provengono da famiglie economicamente disagiate, possono ottenere una educational allowance per frequentare la scuola e corsi di formazione accreditati. L’assegno di 150 euro al mese è subordinato al fatto che la frequenza sia regolare ed i voti sufficienti. Naturalmente, per introdurre anche in Italia l’esperienza inglese bisognerebbe spendere alcune centinaia di milioni di euro. Ma il governo la ritiene una inutile dissipazione. Meglio spendere per l’Expo di Milano (che dà conforto a tanti palazzinari e, per alcuni, persino alla mafia) o per portare a Roma il gran premio di Formula Uno.

Insomma il governo Berlusconi continua imperterrito a promuovere misure il cui unico risultato non può che essere un crescente declino dell’Italia. Così è stato per il “falso in bilancio”. Anche in quel caso, partendo dalla constatazione che il reato era piuttosto diffuso, anziché cercare di contrastarlo si è pensato bene di “depenalizzarlo”. La cosa sorprendente e persino ridicola è che, anche ignorando del tutto la stravagante concezione della giustizia propria dal premier, vengano promossi pensosi convegni nei quali ci si interroga sulle ragioni per le quali il capitale internazionale sia così restio ad entrare nelle imprese italiane. Può darsi che la ragione dipenda dal fatto che il capitalismo internazionale non ami il nostro clima o il nostro paesaggio. O, come forse è più probabile, perché non è così stupido da farsi incastrare con il gioco delle tre carte. In ogni caso si deve riconoscere che la “coerenza” del governo è inossidabile. Infatti lo stesso argomento utilizzato per il falso in bilancio viene ora invocato per l’evasione dell’obbligo scolastico. Così, invece di cercare di capire perché l’abbandono scolastico da noi sia il doppio rispetto alla Gran Bretagna, alla Francia, alla Germania, all’Austria, tre volte maggiore che in Finlandia, in Svezia, in Danimarca, quattro volte quello della Norvegia, e promuovere azioni per contrastarlo, si è invece preferito una soluzione “all’italiana”. In sostanza, anziché sprecare tempo, risorse, energie, per tentare di risolvere il problema si è preferito cambiare i termini del problema. Si è perciò deciso che, invece di combattere la dispersione, si sarebbe fatto prima (e soprattutto con meno fatica) ad abbassare l’età dell’obbligo scolastico. E così è andata.

Gli italiani non sembrano però prendersela per così poco. Dopo tutto anche Balzac non aveva grande fiducia nella capacità degli sforzi amministrativi e scolastici di sostituirsi ai miracoli del caso che (di tanto in tanto) fanno comparire grandi uomini. Per altro: siamo o non siamo un popolo di poeti, di santi, di artisti, di navigatori? Dunque, perché mai dovremmo stare a preoccuparci?

(23/01/2010)

Pierre Carniti