mercoledì 3 giugno 2009


Ci abbiamo preso gusto con la rassegna stampa. Riportiamo un articolo di Flavia Amabile pubblicato su La Stampa di oggi. E' vero che noi non siamo in Trentino, ma a noi non piacciono nè il maestro unico nè il pensiero unico: quindi è importante sapere quello che fanno gli altri, imparare da loro quando ne vale la pena, scambiarsi esperienze e farsi forza l'un l'altro.


La maturità anti-Gelmini

Si chiama Marta Dalmaso, è assessore all’Istruzione e allo Sport della provincia di Trento ed è la spina nel fianco nel piano di riforma delle scuole del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Marta Dalmaso, infatti, da mesi non fa mistero di non essere d’accordo con le novità decise a Roma. E così alla fine di aprile ha proposto un regolamento autonomo, la giunta lo ha approvato e da quel momento chi va a scuola in Trentino, grazie allo Statuto di provincia autonoma, della riforma Gelmini non vede applicato nulla. Per l’esame di maturità, ad esempio, le nuove regole prevedono infatti che gli studenti abbiano la sufficienza in ogni disciplina. A Trento e provincia basta la «valutazione complessivamente sufficiente» del consiglio di classe. E non solo. Per tutto l’anno si è parlato di voto in condotta, del fatto che con un cinque non si viene ammessi né alla maturità né alle classi successive. A Trento e provincia il voto in condotta si chiama «valutazione della capacità relazionale» e ha soltanto «funzione educativa e formativa» ma non influisce su nulla. Lo stesso per i voti: dalla prima elementare all’ultimo anno di superiori a Trento e dintorni si usano ancora i giudizi. I voti in decimi, dal loro punto di vista, possono aspettare. Il regolamento vale solo per quest’anno ma di sicuro Marta Dalmaso riproverà anche l’anno prossimo a andare avanti lungo la sua strada, una strada di cui è convinta e che ben conosce visto che è lei stessa una docente. D’altra parte lo ha detto con estrema chiarezza dopo il via libera della giunta provinciale al regolamento autonomo per gli studenti trentini quando qualcuno l’ha accusata di buonismo per il suo no al cinque in condotta come condizione per la promozione: «Non voglio il buonismo, l’obiettivo non è certo nascondere i problemi, livellare tutto. La cosa migliore è guardare i problemi in faccia e aiutare i ragazzi a fare altrettanto. Però io credo che non si possano adottare scorciatoie: il cinque in condotta lo è e fa del male a tutti, e soprattutto alla scuola. Senza esito positivo».

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