E' stato a causa della campagna calunniatoria di Brunetta e Gelmini, o costoro hanno solo cavalcato con furbizia e perseguendo i propri fini (che non sono nè il bene dello Stato, nè il miglioramento della scuola, com'è ormai chiaro) uno stato d'animo già diffuso?
Una di loro, con la lettera che pubblichiamo, dà parole al disagio e alla rabbia che provano in molti.
Parlo della crisi con un conoscente che fa l’ operaio. E’ arrabbiato perché alla moglie, operaia pure lei, toccherà andare in pensione a 65 anni. Solidarizzo con lui, commentando che noi lavoratori dipendenti pagheremo, come al solito, gran parte del conto previsto dalla manovra del Governo.
Mi guarda ostile - Voi dipendenti pubblici siete dei privilegiati, è colpa vostra se l’Italia è messa così!
ed enumera - posto sicuro, niente licenziamenti, un sacco di scansafatiche che fanno sonnellini negli uffici… e vogliamo parlare di voi maestre, poi, con tre mesi di vacanze estive?
Tento di spiegargli che negli ultimi anni siamo stati penalizzati pesantemente dal punto di vista economico e contrattuale, ma non sente ragioni: è assolutamente convinto di ciò che afferma e d’altronde “l’hanno detto anche in televisione che la spesa pubblica va tagliata e gli statali sono troppi”.
Torno a casa sentendomi infastidita e a disagio. Poi penso che questa volta non riesco, e non voglio, lasciar correre: quest’ultima goccia nel vaso proprio non ci sta!
Ebbene sì, sono una dipendente statale, una maestra. Il mio è un compito delicato, importante, di grande responsabilità, che io svolgo con passione e, dicono, competenza.
E’ un lavoro faticoso, spesso stressante: una classe di 25 alunni vivaci da ascoltare, capire, accompagnare nel loro percorso è impegnativa, giorno dopo giorno. Tra di loro, negli anni, alunni difficili con famiglie difficili per i quali ho cercato di esserci anche oltre il mio ruolo.
Il mio orario di lavoro è di 24 ore settimanali di lezione, ma in questo monte ore non si conteggiano la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, le riunioni, gli incarichi da svolgere, i corsi di aggiornamento, i colloqui con le famiglie… Dopo 25 anni di insegnamento, il mio stipendio arriva a 1.500 euro mensili.
E’ un lavoro garantito, il nostro, conquistato però dopo anni di precariato, passato a far supplenze in giro per la provincia. Del fatto di avere un lavoro “sicuro” dovrei vergognarmi, quasi fosse una colpa.
Non mi sento né una nullafacente, né una privilegiata. Pago le tasse fino all’ultimo centesimo, non possiedo auto di lusso, né case di proprietà.
Negli ultimi due anni ho largamente contribuito al risanamento economico del mio Paese:
il mio stipendio di insegnante è bloccato dal 2009, anno in cui è scaduto il nostro contratto nazionale, e tale resterà fino al 2013 (se non addirittura, come sembra profilarsi, fino al 2017); gli scatti di anzianità, unico meccanismo di progressione della nostra carriera di docenti, sono stati congelati fino al 2014.
Come dipendente pubblica arriverò alla mia pensione a 65 anni. Se per caso andassi in pensione di anzianità e non di vecchiaia non riceverò il mio TFR prima di aver atteso due anni.
Naturalmente pagherò come tutti anche l’aumento dell’ iva, subirò il taglio delle detrazioni fiscali e delle agevolazioni assistenziali, previsto dalla manovra, così come avrò a mio carico il probabile aumento dell’ irpef regionale e comunale.
Vorrei far capire al mio conoscente, e ai tanti che come lui non rispettano il mio lavoro, che il problema dell’Italia non è la maestra o l’infermiere o il poliziotto o il ferroviere o la guardia forestale o il netturbino o tutti gli altri lavoratori statali che come loro, per il blocco del turn over e i tagli alle risorse, accumulano straordinari non pagati e turni insostenibili, garantendo come possono i servizi ai cittadini.
E naturalmente il problema non sono neppure gli operai. Perchè prendersela con chi rema accanto a te sulla stessa barca?
Il problema sono tutti quelli che non fanno la loro parte, evadendo le tasse e facendo mancare il loro contributo al funzionamento della società.
Prendiamocela con loro, che prendono il sole in coperta e in più non pagano neppure il passaggio!
Paola Pozza
5 commenti:
Ho letto la sua nota al commento del suo conoscente operaio. Premetto che non sono di madre lingua italiana.
Certamente lei sarà la migliore insegnate del mondo, trascorrerà moltissimi giorni e notti di tutti i mesi di ferie ad aggiornarsi studiando. Purtroppo però molti dei suoi colleghi trascorrono questo periodo per interessi privati molto lontano dallo studio. Lo stipendio di 1.500 € netti mensili per 24 ore settimanali a cui si deve sommare il periodo trascorso per la preparazione delle lezioni, aggiornamenti, riunioni o correzioni dei compiti è un ragionamento fallace. Mi creda, molte persone e non solo il suo conoscente operaio, percepiscono molto meno lavorando almeno 40 ore settimanali e con sole 5 settimane di ferie all’anno.
Infatti dovrebbe considerare che percepisce, se di ruolo, regolare stipendio anche per i mesi e settimane in cui non insegna; qualsiasi persona, non solo gli insegnanti, si aggiorna o termina a casa il lavoro urgente e questo costantemente in orari extralavorativi o/e il fine settimana. Mi permetta poi di rimanere sorpreso nell’apprendere che un insegnate laureato, un dottore, che da decenni insegna la stessa materia, gli stessi argomenti si debba preparare per svolgere una lezione sul teorema di Pitagora, sulla differenza tra un verbo modale e un verbo riflessivo oppure sulla differenza tra cellule parenchimatiche e sclerenchimatiche.
Ripeto, certamente lei è estranea a tutto ciò, ma quando un suo collega insegnate parla l’idioma Dantesco con marcato accento meridionale sbagliando i congiuntivi o non riesce a sostenere una conversazione con il sottoscritto in tedesco o in inglese, allora sono, per me, soldi non meritati.
Troppo spesso si parla di Europa in contesti economici, ma provi a documentarsi sulle modalità di formazione, selezione e aggiornamento del suo collega Finlandese o Inglese. Tutti invocano lo sviscerato amore e attaccamento per l’insegnamento, ma i nostri deludenti risultati nei test PISA OCSE o similari sembrano smentirli e questo avveniva anche prima dei tagli finanziari che fungono ora da buon capro espiatorio.
Se poi il lavoro dell’insegnate è come lo dipingono: professionalità sottopagata, oberati di lavoro non retribuito, alunni vivaci che snervano, colloqui con le famiglie, stipendi bloccati ecc.. perché non si licenziano e inviano i loro curricula presso aziende private ?
Signor Anonimo,
non so quale pessima esperienza scolastica Lei abbia vissuto , spero però che Lei non giudichi un insegnante solo dall'accento che lo caratterizza.
Mi permetto di farle osservare che insegnare non consiste nel trasmettere contenuti, replicati in fotocopia anno dopo anno, a prescindere dal contesto in cui si insegna o dalle individualità degli alunni che si hanno di fronte.
Ogni contenuto va adattato e calibrato alla classe che ci troviamo davanti, diversa da quelle degli anni prima, va aggiornato e arricchito con stimoli sempre nuovi che nutrano la motivazione ad apprendere dei nostri alunni, va reso accessibile anche a chi è in difficoltà di apprendimento .
Per far questo è necessario prepararsi, e bene.
L'insegnamento non è poi fatto solo di contenuti,come mi pare Lei creda, ma è soprattutto educazione.
La scuola educa i bambini a diventare bravi cittadini, anzi brave persone, che sappiamo fare scelte critiche, che rispettino le persone che vivono loro accanto e l'ambiente in cui vivono, così come le regole e le leggi.
A scuola si impara a stare con gli altri, si impara a condividere, ad ascoltare,a chiedere scusa,si impara a difendere le proprie opinioni e a rispettare quelle degli altri.
Insegnare non è un lavoro facile proprio perchè un insegnante non è soltanto un "trasmettitore di conoscenze". Serve equilibrio, competenza, attenzione, empatia e anche amore.
Certo non tutti gli insegnanti sanno farlo. Manca al nostro sistema scolastico un serio servizio di valutazione. Ma questo va imputato a politiche ministeriali che poco si sono curate di questo aspetto.
So bene che molti lavoratori prendono meno di me, ma allora dovremmo mettere in discussione i fondamentali su cui è fondata la nostra società, che riconoscono livelli salariali superiori a chi ha investito tempo e risorse nella propria preparazione.
Farebbe lo stesso discorso ad un impiegato o ad un professionista?
Non vogliamo riconoscere all'insegnante un ruolo cruciale nella formazione e nella crescita dei nostri figli?
Pretendiamo molto e retribuiamo bene, come fanno al di fuori dall'Italia, in quei Paesi che Lei cita come esempio di eccellenza: là gli insegnanti godono di stipendi molto più alti del mio, oltre a poter contare per la propria scuola su investimenti maggiori, strutture efficienti e sicure, fondi certi...insomma tutto ciò su cui noi docenti italiani non possiamo contare (l'Italia investe in istruzione il 4,8% del PIl contro una media Ocse del 6,1%, e infatti noi abbiamo il 70% di diplomati nella fascia 25/34 anni contro una media Ocse dell'82%...).
Quanto ai deludenti risultati della scuola pubblica, La prego di consultare meglio le indagini internazionali, visto che danno ancora oggi (anche se dopo i tagli credo ancora per poco) la scuola primaria italiana ai primi posti per qualità in tutte le classifiche internazionali.
Infine: se nonostante lo stipendio basso, la fatica, la mancanza di risorse, l'assenza di riconoscimento sociale, continuo a fare la maestra è, davvero, solo perchè amo il mio lavoro.
Paola Pozza
In primis grazie della risposta anche se la considero un sofisma evasivo.
Prima di asserire qualsiasi cosa sull’insegnate pubblico si dovrebbe comprendere cosa si pretende dalla scuola oggi, il suo scopo e se tutti gli insegnati erano o sono indispensabili oppure se sono stati assunti da “mamma stato” per clientelismo o per sostenere una politica Keynesiana ormai insostenibile (la Grecia insegna).
Della scuola pubblica ho avuto alcune ottime esperienze che anche all’estero invidierebbero, ma sono molte anche quelle deludenti sulle quali è meglio stendere un velo pietoso.
Per capire: se alla primaria la maestra di musica letteralmente non conosce solfeggio, quella di inglese non conosce l’inglese e quella di matematica non conosce il teorema fondamentale dell’aritmetica o non sa usare un PC o alle medie l’insegnante di tedesco, abilitata all’insegnamento, lo insegna con accento napoletano, e non è in grado di sostenere una conversazione in tedesco, per lei non c’è nulla di scandaloso perché in questo caso sto generalizzando con pochi casi isolati di cui lei non ha riscontro o è dovuto ad una cattiva organizzazione delle risorse ma soprattutto : sto fraintendendo lo scopo dell’insegnante.
Se mia figlia frequenta un corso di nuoto per cinque anni con venti amici mi aspetto che al termine di questo sappiano nuotare. Ma è sul significato delle parole che stiamo argomentando: non esigo diventino campioni, ma pretendo che siano perlomeno capaci di nuotare 4 stili e questi per almeno qualche km. Lei invece sostiene che non è importante che l’istruttore sappia a malapena stare a galla, non serve a trasmettere la conoscenza del nuoto; argomenta che un corso di nuoto deve servire a socializzare e apprendere delle regole come “non si deve schizzare il pubblico”.
Se ritiene quindi che lo scopo della scuola sia quello di formare bravi cittadini, rispettosi del prossimo così come delle leggi e delle regole allora siamo distanti anni luce da questo obiettivo. Basta osservare la società odierna e constatare come la scuola di 40 anni fa riusciva molto meglio in questo intento con il maestro unico e con fondi molto più scarsi di quelli di oggi.
Se ritiene che sia più importante che gli insegnanti sappiano dialogare, ascoltare e capire i loro alunni vorrei comprendere cosa intende con i termini “dialogare” e “capire”. Quando sento urlare molte maestre come pazze isteriche nella classe in cui non riescono a mantenere l’ordine il suo concetto di “coloro che devono educare” o “capire” è singolare. Ma certo le mille giustificazioni o eccezioni ci sono sempre.
Paragonare poi lo stipendio di un insegnante italiano con quello Finlandese e asserire che guadagna di più è lapalissiano ma non ha alcun senso. Oggettivamente è vero, ma altrove il reddito medio pro capite è nettamente più alto per tutte le categorie così come il tenore di vita.
Condivido che l’insegnante dovrebbe essere pagato di più, ma deve “essere disponibile” per almeno 36 ore nella scuola anche il pomeriggio ad esempio per lezioni di recupero (così molti dei suoi colleghi la smettono con le ripetizioni a botte di 20/30 € all’ora in nero) e come tutti gli altri con 5 settimane di ferie all’anno. I meno meritevoli vanno licenziati come avviene per qualsiasi altro lavoratore. Ma dubito che quella di musica o di inglese, anche se percepissero 4000 € netti al mese apprendano una materia che già dovrebbero conoscere.
Finisco sulle ragioni da cui è nato il rimprovero del suo conoscente operaio : forse la disparità tra doveri e diritti, alimentati dall’attuale devastante crisi, tra chi lavora nel pubblico e nel privato rasenta ormai livelli di disparità intollerabili e il tempi delle vacanze e dei privilegi sono ormai finiti e non solo per la casta politica.
A proposito, sostenere che si investe poco per l’istruzione, con una percentuale inferiore del PIL di altre nazione è sbagliato. Si dovrebbe paragonare la spesa media sostenuta per l’istruzione per cadauno alunno annualmente, e qui scoprirà realtà diverse.
Ad maiora
Caro Anonimo
(a proposito: perchè insiste a non firmarsi? Non si chiamerà mica Brunetta...)
Caspita quanto livore traspare da ciò che scrive! La immagino
proprio a spiare le maestre fuori dalle loro classi, per coglierle ad "urlare come pazze isteriche"...
Penso sia del tutto inutile argomentare ancora, vista la sterilità del nostro confronto, anche se non mi piace mi vengano messe in bocca cose che non ho detto (ad esempio che non considero importanti professionalità e competenza).
Però sui dati non si scherza:
E' vero che la spesa media per alunno di scuola primaria è superiore alla media Ocse,ma ciò accade perchè essa comprende il costo degli insegnanti di sostegno, costo che in Italia, a differenza degli altri Paesi Ocse, è sostenuto dal Ministero dell'Istruzione.
Aggiungo inoltre che, tra il 2000 e il 2008, la spesa media per studente di scuola primaria, secondaria e post-secondaria non universitaria è aumentata solo del 6% (contro la media Ocse del 34%): penultimo incremento tra i Paesi avanzati.
La chiudo qui.
Paola Pozza
Arthur Schopenhauer sosteneva che in una discussione non si cerca la verità, ma la vittoria della stessa per opportunità. Sono spiacente che se ne sia andata sbattendo la porta.
Passerei ad argomentare con la casta politica, altrettanto brava a difendere i suoi privilegi con mille giustificazioni, ma sono più vigliacchi di lei non essendo disponibili ad un confronto aperto.
La chiudo qui anch'io.
Cordialmente
H.H.
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