mercoledì 5 ottobre 2011

"Merito" è una parola che la Gelmini utilizza come un illusionista sventola un foulard mentre con l'altra mano si ficca in tasca il coniglio. Un'altra che usa spesso è "trasparenza". E' di questi giorni la notizia che i dati relativi ai bocciati, branditi dalla ministra a dimostrazione di un maggior rigore di cui la scuola le sarebbe debitrice, sono sbagliati.
Errore? Manipolazione per un loro uso propagandistico?
Fatalità, da tre anni il Miur non pubblica più "la scuola in cifre", un rapporto che rendeva appunto pubblici alcuni dati quantitativi rilevanti rispetto alla scuola, tra cui quello dei bocciati.
Davvero bizzarro che la ministra declamatrice della trasparenza, dalla stessa nei fatti rifugga.
D'altro canto rendere pubblici dei dati reali consente alla gente di conoscere la situazione e ragionarci, e conoscenza e capacità critica - come si rileva da quello che la ministra ha fatto alla scuola - per lei sono proprio due bestie nere.
Viva la propaganda, e zitti tutti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ne prendo atto. Ma allora si promuove di meno, di più o cosa ?

In quale scuola e geograficamente dove ?

Anonimo ha detto...

Nonostante la severità auspicata dal ministro Gelmini, il numero dei promossi non è diminuito. Si desume che la scuola sforni sempre la medesima percentuale di diplomati.

Ai miei tempi gli insegnanti (ho frequentato la scuola pubblica) facevano a gara a chi ne bocciava di più; i più meritevoli e volenterosi venivano promossi, i meno volenterosi e meno capaci stoppati con la bocciatura. A nessun insegnante veniva il dubbio che forse la possibile causa era proprio l’insegnate che non riusciva a far piacere (volevo dire “amare” ma mi sono frenato) la propria materia, era proprio l’insegnate, otto volte su dieci, incapace di trasmettere la curiosità di una materia scientifica o matematica relegandola a mero nozionismo mnemonico o risoluzione meccanica di un esercizio.

Ma un tempo bastava la terza media e facevi l’operaio, oggi quell’operaio è delocalizzato in Cina o in India. Allora le famiglie ripiegano sugli studi, dobbiamo sfornare diplomati e laureati che sono destinati a rimanere disoccupati. Quando avevo otto anni giocavo ai soldati : ci proclamavamo tutti generali e rimaneva un solo soldato. Ma avevo solo otto anni.