Il tema trattato venerdì scorso da Italo Sciuto, docente presso l'Università di Verona, era "Relazionarsi con l'altro in tempo di crisi".
Nessuno direbbe che, di questi tempi poi, si possano passare due ore appassionanti ad ascoltare un professore di Filosofia Morale... eppure è proprio così.
Due dei fattori che il relatore ha individuato come causa di crisi sociale sono stati l'individualismo e il disimpegno sociale e politico. Da questo l'esortazione "Indignatevi" di un post precedente.
Ci permettiamo allora di darvi qualche suggerimento per prendervi cura del bene comune e per fare qualcosa di concreto: leggete e ragionate (c'è un commento, nel post di lunedì, che dà motivi di riflessione per una settimana...); prendete carta e penna e dite la vostra (postiamo qui sotto una lettera che arriva dall'altro capo d'Italia. E meno male che l'Italia è unita e, dalla Sicilia al Veneto, ci sono persone che condividono idee e fatiche); fate gesti concreti (la petizione per la scuola al Presidente Napolitano da qualche giorno è anche on line. A Schio è disponibile fino alla prossima settimana anche in cartaceo al Cinema Pasubio negli orari del cineforum e durante l'apertura del fine settimana).
Noi ci incontreremo domani sera per vedere se è possibile organizzare per il 12 marzo qualcosa in zona.
LETTERA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
I docenti della scuola pubblica, esercitando la loro azione educativa, svolgono una funzione pubblica. Essi fanno, infatti, parte di quel comparto della P.A. che costituisce il Dicastero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, con la loro azione, contribuiscono al raggiungimento delle finalità del potere esecutivo di cui il Governo è titolare.
Capirà bene allora il disorientamento da lei generato, in chi ha sempre pensato di essere un servitore dello Stato, quando, intervenendo in due diversi congressi politici, ha sostenuto i concetti che qui si riportano:
nella scuola pubblica ci sono professori che inculcano principi diversi da quelli che i genitori vogliono inculcare nell’ambito delle loro famiglie;
c’è bisogno di educare liberamente i propri figli e quindi di non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato.
È assolutamente necessario, a questo punto, che lei chiarisca qual è l’interesse collettivo che la “scuola di Stato” deve realizzare attraverso l’azione educativa. Ciò è necessario perché, dal contenuto delle sue affermazioni, sembrerebbe che lei sia convinto che non esistano principi e valori condivisi cui possa essere ispirata un’azione educativa pubblica che veda professori e genitori accomunati nel medesimo sforzo. Se questo fosse vero, se cioè questi valori educativi condivisi mancassero, l’unica strada percorribile dalla scuola pubblica sarebbe quella di impartire a ciascuno studente l’educazione voluta delle famiglie: al figlio di cattolici un’educazione cattolica; al figlio di musulmani un’educazione coranica; al figlio di liberisti un’educazione liberista; al figlio di comunisti un’educazione comunista; al figlio di tolleranti un’educazione tollerante; al figlio di fondamentalisti un’educazione fondamentalista; al figlio di legalisti un’educazione legalista; al figlio di mafiosi un’educazione mafiosa.
Risultato? Una scuola pubblica senza un proprio progetto educativo, senza più una funzione da svolgere; forse neanche più una scuola.
Resterebbe solo da capire che fare di tutte quelle azioni educative che pure il MIUR promuove e finanzia: educazione alla legalità; educazione alla cittadinanza attiva; educazione al rispetto e alla valorizzazione delle differenze; le pari opportunità e via dicendo.
Colgo l’occasione per sottoporre alla sua sensibilità le precarie condizioni in cui versa la scuola pubblica italiana per strutture e risorse. Capirà forse meglio allora il punto di vista di quei docenti della scuola pubblica che sopperiscono alle tante carenze statali con autentico spirito di sacrificio, lavoro volontario e senso di appartenenza ad uno Stato che forse già, da molto tempo li ha abbandonati.
Alla luce di quanto le ho scritto, la prego di riconsiderare il suo intervento. Tenga conto che siamo in un momento storico in cui la considerazione sociale per il nostro lavoro è già bassissima.
Prof. Riccardo Ganazzoli
I.P.S.S.C.T. “L. Einaudi” di Palermo
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