domenica 5 aprile 2009

Diamo spazio a una riflessione sulla conferenza che si è tenuta a Schio nel pomeriggio del 3 aprile. E' una riflessone amara, ma il finale non è il ripiegamento su se stessi verso cui molti si sentono tentati, non è la rassegnazione - disposizione d'animo che non ci appartiene - non è l'indifferenza, atteggiamento colpevolissimo. E' un invito che è determinazione, è un progetto da cui siamo intenzionati a non recedere.

Le Nuove Frontiere della Formazione Superiore


Sabato ho assistito al dibattito così intitolato, nell'ambito del Festival delle Città Impresa. La Gelmini non è venuta, l'assessore provinciale Martini nemmeno, l'assessore regionale Donazzan sì, anche se è arrivata con tre quarti d'ora di ritardo. Pubblico in sala ce n'era ben poco, a conferma della sensazione di vuoto gonfiato che permea tutta l'iniziativa, propagandata con grande dispiego di mezzi pubblicitari e nomi roboanti, ma in realtà palestra del parlarsi addosso, in un imbarazzato bisogno di reciproca giustificazione tra chi ha organizzato e chi è intervenuto come relatore.

Triste nota a margine: nemmeno i manifestanti in piazza erano molto numerosi, così che la maggior affluenza si è registrata tra le forze dell'ordine schierate all'ingresso e tra i premurosi addetti all'organizzazione, che elargivano tonnellate di pubblicità patinata a chiunque varcasse la soglia; gli uni e gli altri in divisa, ad accentuare l'impressione dell'involucro vuoto. In definitiva l'apoteosi dell'Assenza.

Dagli intervenuti al dibattito è stato dipinto un fantasmagorico mondo ideale, a partire dal filmato virtuale dei futuribili edifici del Campus per arrivare ai dati statistici proposti dall'industriale di turno: il 75 per cento dei giovani che hanno svolto stages nella sua azienda dopo pochi mesi risultano regolarmente assunti in pianta stabile. Dunque c'è benessere e lavoro per tutti, i ragazzi studieranno in una meravigliosa oasi verde accompagnati da musica new age, e dopo pochi mesi le porte di una professione qualificata si spalancheranno d'incanto per loro. Unico intoppo - è stato detto - gli insegnanti un po' sclerotici; risultati molto migliori si sono registrati quando al loro posto son saliti in cattedra i tecnici delle aziende, a insegnare quel che serve veramente.

Dall'assessore Lina Cocco avremmo voluto sentir ribadire quel che disse qualche settimana fa in un'assemblea pubblica presso la Media Fusinato, quando prese posizione con forza contro i tagli alla scuola pubblica. Invece l'abbiamo sentita parlare di perfetta sintonia con la Provincia e delle magnifiche sorti e progressive del Campus che ancora non c'è.

Dal Provveditore Franco Venturella, che pure ha affermato la centralità del rapporto educativo e ricordato il fervore sperimentale delle scuole superiori vicentine, non avremmo voluto sentir spargere solo ottimismo acritico, buono per tutte le stagioni, come se le condizioni (condivisione ideale, partecipazione, risorse) fossero oggi le stesse di trent'anni fa.

Dall'assessore Donazzan nulla di buono ci aspettavamo di sentire, ma ugualmente, quando ci siamo trovati con lei a tu per tu, poiché non vi era stato spazio di pubblico dibattito, non vorremmo aver dovuto sentire che fior fiore di pedagogisti (non ci ha detto quali) affermano la bontà del maestro unico, che noi docenti dovremmo smetterla di far politica in classe, che non dovremmo più aver diritto di scioperare durante l'orario di servizio, che la maggioranza degli insegnanti è d'accordo con lei ma non ha la possibilità di esprimersi perché i collegi docenti sono controllati da noi sobillatori, che “il 95 per cento della scuola è da buttare al macero”. E non avremmo voluto vedere Venturella ascoltare tutto ciò, sorridere e defilarsi: dov'era finito il coraggio di affrontare il nuovo con la consapevolezza della qualità di cui la nostra scuola è portatrice, di cui ci aveva parlato cinque minuti prima? Non una parola in difesa della scuola vicentina, di cui è il primo rappresentante.

Si è parlato naturalmente anche di certificazioni di Qualità, che tutte le scuole di eccellenza si son date ad inseguire negli ultimi anni, sull'esempio delle imprese cui evidentemente ambiscono ad equipararsi anticipando la via indicata dall'on. Aprea. Esistono degli Enti certificatori, che propongono un modello a cui la scuola uniformerà i propri processi, rendendoli verificabili e misurabili secondo standard prestabiliti. Alla fine del percorso l'Ente fornirà il bollino blu, e la scuola si fregerà del titolo. I benefici reali in termini educativi, didattici, o anche solo funzionali, sono pressoché nulli; l'appesantimento burocratico invece è gravoso. Per far questo ogni scuola paga, e i soldi li dà direttamente all'ente certificatore!

E' il trionfo dell'Autoreferenzialità, il male profondo di cui soffre la scuola superiore, che nasconde dietro gli attestati di facciata l'incapacità di interrogarsi davvero sull'efficacia del dialogo educativo che stabilisce con i giovani.

Un'ultima riflessione a proposito dei Collegi docenti che a sentire la Donazzan noi manipoliamo. E' vero, un deficit di democrazia c'è: capita (nei Licei di Schio) che decisioni assunte democraticamente in Collegio siano cancellate dai Dirigenti con atti d'arbitrio, o che contratti per progetti didattici faraonici che impegnano la scuola per anni siano firmati senza nemmeno informare gli organi collegiali competenti; capita regolarmente di far riunioni fiume per discutere su questioni irrilevanti e poi ratificare per sfinimento a tarda sera quel che ai Dirigenti preme non sia messo in discussione; capita (nei Licei di Vicenza) che i Dirigenti minaccino di usare la leva del voto in condotta per dissuadere gli studenti dal partecipare a manifestazioni che non siano approvate dal 66 per cento del comitato studentesco, appellandosi ad una norma che non c'è.

E' questo il deficit che deve spaventare più di di ogni altro. Una scuola nelle cui relazioni democratiche c'è spazio per l'arbitrio, l'intimidazione e la bugia cosa è in grado di trasmettere ai suoi studenti in termini della tanto conclamata educazione alla cittadinanza?

Non so se e come potremo ancora resistere allo tsunami Tremonti-Gelmini-Donazzan.

Ma ho una speranza per il dopo, per quando ci sarà da ricostruire la scuola pubblica: tutto lo sforzo che stiamo facendo per informarci, acquisire documentazione, spulciar le leggi, produrrà almeno consapevolezza dei diritti e rinnovata passione per la loro difesa. E' da lì che bisognerà ripartire, nel piccolo delle nostre relazioni scolastiche quotidiane.

Forse possiamo cominciare da subito.


Filippo Ferreri

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