SALVIAMO QUESTA SCUOLA e MIGLIORIAMOLA
Spett. Scrittrice e Collega,quello che mi stupisce in questa situazione conflittuale sul Decreto Gelmini, è la disinformazione.
Ho iniziato come maestra unica in uno di quei meravigliosi paesini del Triveneto, dove le castagne cadute venivano portate in classe assieme a funghi e foglie e veniva studiato tutto, toccando,guardando,annusando e descrivendo in perfetto italiano, nonostante tutti parlassero il “nostro”dialetto. Un’occasione, l’autunno, per arrivare agli organi di senso, alla fotosintesi clorofilliana, alla descrizione oggettiva in lingua italiana.
Si riproducevano gli elaborati in grandi cartelloni unitamente ai disegni dal vero e l’aula si arricchiva di colori diventando un luogo di piacevole convivenza dove si apprendeva con gioia e rispetto.
E’ stato difficile passare alla pluralità degli insegnanti nelle classi, ma i maestri italiani, tanto vituperati e invece più “colti”di quello che i “media” facciano credere, hanno affrontato la novità; ancora una volta si sono rimboccati le maniche ed hanno iniziato un nuovo percorso. Non ho usato la parola “informati”, ma “colti”, con consapevolezza perché nella Scuola ci lavoro ancora.
Sono passata dalla provincia alla città e il mio osservatorio riguarda oltre 500 alunni, dei quali molti sono ora quarantenni. Tra gli insegnanti certo, come in tutte le categorie, qualcuno esce dalle “righe”, ma la maggioranza resiste con tenacia e si auto aggiorna continuamente.
La conoscenza non riguarda la quantità di informazioni che si possiedono; è piuttosto saperle cercare, distinguerle, paragonarle e operare una scelta.
E’ questo l’e-ducere del 2000.
Sono passati 36 anni dagli autunni dei funghi in classe ( le foglie e le castagne le portiamo ancora: qualche albero è rimasto in città); ci sono stati cambiamenti radicali e non tutti positivi, dovuti all’affermarsi della tecnologia (spesso erroneamente mitizzata), al disgregarsi delle famiglie e dei gruppi di solidarietà sociale, al bombardamento pseudo-scientifico in un proliferare disordinato di programmi televisivi e di pubblicazioni patinate discutibilissime.
La globalizzazione è una realtà. Nelle classi multi-etniche, che sono un potenziale di maturazione e conoscenza ineludibile, i giovani imparano la tolleranza, il rispetto reciproco, il coraggio di affrontare la diversità.
Nel Suo articolo sembra auspicare una Scuola avulsa dal mondo. Le confesso, umilmente, che tutto il brano mi ricorda il regno di Cacania, ma non devo certo ricordare a Lei come sia finito tragicamente quell’ostinato difendere le posizioni di un passato improponibile in un mondo che inesorabilmente cambiava. Quello che non vedo e non leggo in questo periodo, definito pericoloso, è una parola molto semplice: RISPETTO.
Per rispettare ed e-ducere non si può essere soli.
Sono necessari confronto e collaborazione; gli insegnanti italiani lo fanno e sono un esempio per i loro alunni. Gli esempi, concordo, davvero pessimi vengono innanzitutto, dall’esterno, dalla classe dirigente,dalle “liti” vere o fittizie in TV. ( Popper, se ricordo bene, non era né un politico, né un maestro elementare). Il parlar male, il non parlare, ma soprattutto il non ascoltare sono caratteristiche sociali, non peculiari della Scuola, men che meno di quella Primaria.
Rassicuri i genitori: i mm, i cm vengono studiati. I ml si imparano misurando la pioggia caduta
(acida? Noi facciamo educazione scientifica, non terrorismo ecologico); i gradi si imparano registrando ogni giorno la temperatura e traducendola in grafici periodici. Per esperienza diretta posso affermare che gli errori di ortografia li compiono anche gli studenti degli atenei francesi;per superarli serve più tempo per leggere AGLI e CON gli alunni: fiabe, racconti d’Autore, classici.
E proprio il Tempo ( categoria non proprio trascurabile dell’esistenza) si propone di tagliare.
Con il Tempo si cancella la memoria storica di un popolo, di uno stato.
L’Italia ha una grande Storia , non solo nei fasti dell’Antica Roma, ma nell’Umanesimo Rinascimentale, nei sacrifici umani, negli esodi forzati, nella fatica quotidiana di tante ricostruzioni, nella fatica attuale che vede madri e padri soli, frustrati perché consapevoli dell’insufficienza della loro figura di educatori.
Di fronte a questa realtà la semplicità rimane una bella parola ad effetto, di cui hanno paura altri soggetti ( il mondo mediatico in primis), non certo i maestri e i professori che con gli studenti si confrontano ogni mattina. I bambini sono esigenti, richiedono attenzione, tutti, quelli che sono in difficoltà e quelli che apprendono con rapidità.
Davvero non comprendo come tagliare tempi e personale possa aiutare a semplificare.
L’unica cosa che vedo è un appiattimento al ribasso di ogni ordine di scuola con buona pace della tanto conclamata meritocrazia di alunni e docenti.
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